lunedì 24 dicembre 2012

Frank Herbert's DUNE - Le miniserie TV

Sono sempre stato un appassionato del romanzo di fantascienza Dune e dei suoi seguiti, scritti da Frank Herbert.

Di più, trovo che l'intera opera letteraria di Herbert, anche al di là dei romanzi della saga di Dune, sia meritoria di lettura ed è un peccato che sia ormai di quasi impossibile reperibilità, se non su canali di vendita dedicati al collezionismo librario.

I meriti di Dune sono tantissimi, ma voglio concentrarmi solo su uno, probabilmente il più evidente: con Dune  la fantascienza letteraria ha consolidato un approccio creativo, che era pre-esistente ma mai si era spinto a tali livelli, e che presto sarebbe stato trasposto anche al genere fantasy.

Un approccio che negli anni successivi ci ha dato risultati eccelsi assieme a altri assolutamente dimenticabili: sto parlando dell'approccio del world building, la costruzione di un mondo intero concepito fin nei suoi minimi dettagli, capace di far immergere completamente il lettore in esso fino a perdercisi dentro.

Nonostante le molte emulazioni successive in tal senso, l'idea del mondo, in Dune  resta ancora per molti versi insuperata. Frank Herbert ha dedicato alla sua creazione ben sei voluminosi romanzi e poco prima della sua morte, nel 1986, stava quasi per completare la bozza del settimo.

Bozza che venne ritrovata molti anni dopo dal figlio, Brian Herbert e che permise a lui e allo scrittore Kevin J. Anderson, di completare e ampliare la saga letteraria con prequels, sequels e altre raccolte di racconti a contorno della narrazione.

Di Dune esistono due trasposizioni filmiche. La prima è il film Dune di David Lynch, del 1984, opera cinematografica suggestiva ma a tratti anche sinceramente incomprensibile e sicuramente poco fedele al romanzo, a causa di difficoltà tecniche intercorse durante la lavorazione, nonché tagli di budget ed eccessi creativi del suo regista.

Il secondo adattamento filmico è la miniserie prodotta da SciFi Channel nel 2001, qua è là un po' povera in effetti speciali ma sicuramente molto fedele al romanzo del 1965. La miniserie è nota col titolo italiano di Dune il destino dell'universo.

Due anni dopo, essa è stata seguita da una seconda miniserie, I figli di Dune, che racconta gli avvenimenti narrati nei due romanzi immediatamente successivi a Dune: Messia di Dune (1969) e I figli di Dune (1977).

Questi primi tre romanzi della saga, pur non giungendo a chiudere tutte le sottotrame messe in azione, rappresentano un corpo narrativo di notevole compattezza e di qualità uniforme (ed elevatissima) e ne consiglierei sicuramente la lettura a chiunque voglia avvicinarsi a questa stupenda creazione narrativa.

Qui sotto, in questo post,  - e sperando non intervengano troppo presto le cesoie di youtube - vi propongo i video contenenti per intero le due miniserie TV suddette.

E subito dopo riporto per intero la trascrizione di una conferenza tenuta da Frank Herbert (e contenuta nella prefazione alla prima edizione italiana di Messia di Dune) che è davvero illuminante per comprendere il carattere peculiare della creatura ideata da Herbert, come è illuminante anche per comprendere appieno il notevole sforzo che hanno compiuto gli sceneggiatori delle due miniserie TV per darci una trasposizione filmica davvero fedele all'autentico spirito della narrazione.




Dune - miniserie TV, 2001 - Italiano - Completa
NB: You Tube ha impedito la visibilità di questo video dall'Italia. Il video è però ancora visualizzabile all'indirizzo https://youtu.be/r8IAf_lC-Z4 , se raggiunto tramite un proxy straniero fra quelli elencati qui http://www.proxy4free.com/list/webproxy1.html (provare diversi proxy, se qualcuno non dovesse funzionare e - al limite - cambiare l'impostazione della lingua you tube da italiano a altra lingua).


I Figli di Dune - miniserie TV, 2003 - Italiano - Completa





Discorso tenuto da Frank Herbert alla XXII Convention Mondiale della fantascienza, Los Angeles 1964). 

A quanto pare mi è stato chiesto di tenere un discorso su questo tema a causa del mio ciclo di romanzi ambientato sul pianeta Dune. Confesso che, nell'affrontarlo, provo una certa apprensione. Altri mondi sono stati costruiti, migliori del mio... Però, visto che in numerose occasioni mi hanno già gratificato dell'appellativo di "sacrilego", posso benissimo aggiungere anche la sfida agli dèi nell'elenco delle mie colpe.

Ecco dunque come è nato Dune  (A questo punto desidero avvertire gli ascoltatori: sarà un discorso con molte divagazioni. Ma neppure la costruzione di un mondo è un processo lineare: s'incontrano diramazioni affascinanti ed è difficile non cedere al desiderio di esplorarle... specialmente per uno come me, che non riesce ad aprire il dizionario senza perdere ore intere a leggerlo!).

All'inizio c'è stata l'idea. L'idea specifica di Dune nacque una decina di anni prima che scrivessi i romanzi, in un periodo in cui preparavo un articolo per un quotidiano. L'articolo mi aveva condotto a Florence, nel'Oregon: una cittadina costiera che aveva dei guai con le dune di sabbia.

Poiché è sede di un progetto coordinato, statale e federale, per controllare il movimento delle dune, Florence è una specie di Mecca per chiunque, in ogni parte del mondo, abbia lo stesso tipo di problemi. (E non lo dico per far piacere alla locale Camera di Commercio, ma perché è la verità: delegazioni di un mucchio di Paesi - Israele, Cina, Italia, Spagna, Algeria, Turchia, Iran, India, Arabia Saudita, Messico - si sono recate a Florence per studiare i metodi con cui si può controllare il movimento delle dune.)

A Florence hanno risolto parzialmente il problema, almeno per quanto riguarda il movimento della sabbia: seminano erbe per fermare le dune e hanno sviluppato varie tecniche come quella di seminare le dune dalla parte esposta al vento, per ancorarle, e dall'altra parte per farle crescere in altezza, in modo che formino una barriera contro il vento.

Nel preparare l'articolo di giornale su questo progetto, scoprii che il problema delle dune mi aveva affascinato. Proprio così: a volte certe cose bizzarre hanno il potere di assorbire l'immaginazione. Per le dune, mi nacque una vera passione.

Cominciai a studiare i popoli che abitano nelle regioni aride, perchè erano le regioni in cui si incontrava la maggior parte delle dune. Una delle mie solite divagazioni, insomma: un modo come un altro di leggere il dizionario. Poi, lentamente, lo scrittore che è in me si risvegliò e si accorse che questi argomenti potevano offrire lo spunto per una storia (ciò si verificò circa due anni dopo).

Successivamente, pensai che forse non c'erano soltanto gli elementi di una storia, ma anche gli elementi per costruire un mondo immaginario: un mondo che chiunque fosse vissuto per qualche tempo in una regione arida avrebbe potuto riconoscere. Un mondo intero: un pianeta portato agli estremi dalla mancanza d'acqua. Gente spinta alla violenza da questo bisogno. una cultura, una civiltà che si fa strada faticosamente tra questa avversità.

Ora, quando il discorso cade su Dune  vedo che molta gente nota proprio questo: l'ecologia di Dune  Ma per me l'ecologia di Dune era soltanto un mezzo, non un fine.

Dal mio punto di vista, un pianeta è una specie di nave spaziale: una biosfera, che viaggia a una velocità spaventosa tra un'immensità di spazio inabitabile. E il fine era quello di raccontare una storia. Per una narrazione la cosa più importante sono gli ospiti dell'astronave.

Gli abitanti dunque. Un simile mondo arido, come si impone ai suoi abitanti? Quando si progetta un modo, occorre sempre impiegare una pista di lancio: qualcosa che il lettore possa riconoscere. Per Dune  come ho detto, questa pista di lancio è costituita dalla popolazioni che qui, sulla Terra, vivono nelle regioni aride. Su Dune  però, l'aridità è superiore, ed ecco che le cose cominciano a complicarsi.

Fate uno sforzo di immaginazione, fino a considerare la Terra come una creatura vivente: non vi occorrerà molto per pensare all'umanità come una malattia del nostro pianeta. Su buona parte della Terra, la presenza dell'uomo contrasta con quella di un'ecologia sana, capace di mantenersi indefinitamente.

C'è un singolo tipo di regioni, però, in cui questo uomo-virus ha perso la virulenza e intacca in misura minore la biosfera che lo circonda: le regioni aride. (E notate come finora non abbia ancora pronunciato la parola "deserto". "Deserto" ha un significato preciso mentre l'aridità ha tutta una serie di gradi. Dune è arido. Alcuni deserti della Terra, al confronto, sono umidi).

Nelle regioni desertiche della Terra, l'uomo-virus adotta certi provvedimenti per conservare tutta quella catena di organismi viventi - piante, animali, insetti - che rendono possibile la vita umana. Laggiù l'agricoltura conserva ancora alcune delle sue antiche implicazioni religiose: il matrimonio con la terra e la necessità di renderla fertile. Laggiù vive ancora una vecchia tradizione: quella di bonificare la terra, di entrare nel ritmo naturale delle cose, di trasformare l'uomo in una componente vitale dell'ecologia intorno a lui.

Nelle nostre regioni aride non è sempre stato così, né è sempre così oggigiorno. Ma proprio le regioni desertiche mostrano questo compito dell'uomo con singolare efficacia nella cultura popolare, nel comportamento tradizionale: "Queste cose si devono fare in questo modo". Infatti non è detto che l'opposizione ai cambiamenti, il conservatorismo, debbano essere sempre in contrasto con la sopravvivenza.

Le tradizioni culturali di queste popolazioni del deserto, guardando nel passato, possono imparare dagli errori commessi: le testimonianze di questi errori sono ancora vive intorno a loro. Per esempio, tribù nomadi del deserto cominciarono la distruzione dei famosi cedri del Libano.

Come risultato, l'humus di quella terra, un tempo fertile, è oggi ridotta a uno strato sottile. La terra è meno fertile, produce meno cibo di quanto non ne producesse nelle epoche bibliche: forse c'è stato un leggero cambiamento nelle precipitazioni atmosferiche, ma questo cambiamento, da solo, non basta a spiegare la differenza tra allora e oggi.


Modificazioni delle linee di displuvio naturali in vaste regioni della Cina sono direttamente all'origine della secolare povertà di quelle zone (ci sono stati altri fattori, certo, ma non intendo parlare di cause ed effetti totali: mi limito a ricostruire parti di catene causali immediate... procedimento molto rischioso, quando si parla della Cina). Una caratteristica di queste regioni aride, dunque, è l'intima associazione tra l'uomo e la terra.

In un certo senso, è la caratteristica di tutte le regioni povere della Terra, ma bisogna distinguere tra intima associazione e sfruttamento. I risicoltori italiani sfruttano la terra. I coltivatori di grano delle pianure americane sfruttano la terra. Alcuni risicoltori giapponesi sfruttano la terra.

Tutte queste persone hanno in comune una caratteristica: non si preoccupano di inserire la loro attività agricola entro uno dei cicli autosufficienti della regione in cui vivono. Un numero sempre crescente di risicoltori giapponesi fa ricorso a fertilizzanti chimici. Quelli italiani hanno già imboccato da tempo la stessa strada.

Gli agricoltori americani, un anno, hanno perfino perso il raccolto per essersene fidati troppo. Alcune region dello stato di Washington e del Sud Dakota devono oggi affrontare il problema dell'esaurimento del suolo. I fertilizzanti chimici tappano parte dei buchi... ma se ne formano altri. Sono regioni in cui non pareggia il bilancio tra quanto si prende e quanto si restituisce.

Facciamo un confronto tra queste regioni e altre in cui si coltivano cereali: Cina meridionale, Corea, Giappone sudoccidentale, India, Turchia (grano o riso, la differenza non conta: in entrambi i casi occorrono campi di grandi dimensioni e si seminano piante erbacee).

Per prima cosa, in questo secondo tipo di regioni, si usa come fertilizzante il letame: procedimento molto discutibile perché costituisce chiaramente una fonte di malattie.

Inoltre, alcune di esse subiscono inondazioni periodiche, che le riforniscono di humus. Ma in entrambi casi la gente vive accanto ai propri rifiuti: si stabilisce un ciclo tra rifiuti, vegetali e uomo. Si tratta di cicli umidi, però.

Come conciliare questo con il deserto di Dune  Beh, anche nel caso di Dune si tratta di vivere in intimo contatto con il pianeta e, sopratutto, di un'altra considerazione: nelle situazioni di massima indigenza i primitivi riescono a sopravvivere meglio dei civilizzati.

Che caratteristiche hanno questi primitivi, per riuscire a sopravvivere? Molti, nel nostro paese, tendono a pensare che la dieta degli agricoltori di queste regioni povere sia estremamente frugale.

Niente affatto: gli abitanti di queste regioni primitive hanno una grande varietà di cibi... ma mangiano cose che noi, di solito, non includiamo tra i generi alimentari: vegetali selvatici, insetti; inoltre, mangiano ogni parte del pesce.

Hanno le vitamine B dalle bevande fermentate, e il calcio dal limone. Fanno cuocere alcuni cibi per un periodo brevissimo, e così ottengono il doppio risultato di risparmiare combustibile e di conservare il valore alimentare.

Per quanto riguarda altri cibi, invece, hanno imparato a cuocerli abbastanza a lungo da renderli digeribili. Esempio: durante la guerra di Corea, molti soldati delle Nazioni Unite morirono nei campi di prigionia cinesi e nord-coreani. Ci fu una sola eccezione clamorosa: i turchi.

Per prima cosa, la loro religione affermava, ed essi ne erano convinti (né si riusciva a togliere loro questa convinzione), che erano migliori di coloro che li tenevano prigionieri. Per seconda cosa, sapevano riconoscere ogni possibile risorsa alimentare: foglie verdi, larve nascoste sotto i tronchi, la parte interna della corteccia degli alberi.

Terza cosa, sapevano che il risone che ricevevano richiede una lunga cottura per essere digeribile, e aspettavano pazientemente che la cottura fosse terminata. Quarto, rimanevano uniti come membri della stesa tribù e si aiutavano reciprocamente.

Quinto, quando trovavano del cibo non ne distruggevano la fonte. Raccoglievano soltanto una parte delle larve, non staccavano la corteccia sull'intera circonferenza dell'albero, davano alle piante verdi il tempo di ricrescere.

Erano gente primitiva, con una lunga tradizione di attenzioni verso la terra: inserirsi nel ciclo della regione, senza sconvolgere i ritmi naturali.

Tutte queste considerazioni, ve ne sarete già accorti, le ho adattate alla situazione di Dune  Su Dune  queste considerazioni sono delle realtà.

Gli ecologi cominciano solo ora a comprendere ciò che i primitivi sanno per istinto: maggiore è il numero delle forme di vita presenti in un certo ambiente ecologico, maggiore è la quantità di energia chimica che vi è contenuta sotto forma di materia vivente; quando le forme di vita proliferano in intima associazione, la varietà delle forme viventi è indispensabile alla prosecuzione della vita. 

Lo scambio di energia tra le varie forme viventi è molto complesso. Vi sono moltissime relazioni di dipendenza mutua, e soltanto ora cominciamo a comprenderle. E ci accorgiamo di non sapere affatto fino a che punto giunga la nostra dipendenza dalle altre forme: dipendiamo da tutta una catena di organismi.

E' per questo motivo che, per Dune  ho affrontato - e soltanto nelle linee generali - una piccola parte delle forme di mutua dipendenza. Alcuni dettagli della catena ecologica ci sono noti, e compaiono qua e là nel corso della narrazione.

Altre volte, quando i fenomeni di dipendenza non ci sono noti con precisione, ho preferito evitare del tutto di parlarne., piuttosto che essere costretto a inventare. Introdurre nuovi misteri in quest'area avrebbe distratto il lettore da quei pochi misteri che sostengono la narrazione.

Tuttavia un mondo si impone sempre ai suoi abitanti, e io ho dovuto risolvere alcuni di questi misteri. Così, su Dune voi incontrate uccelli di ogni specie che si sono abituati a bere il sangue; pipistrelli che ottengono dalla saliva umana parte della loro umidità, dispositivi come i precipitatori di rugiada (un apparecchio semplice e pratico; qualche grossa industria nel campo delle materie plastiche dovrebbe prenderlo in esame).

Inoltre, Dune vi dà anche la pura invenzione: il ciclo tra vermi, spezia, Piccolo Creatore, che è una deliberata imitazione delle forme di dipendenza mutua che ci sono note. Cominciate a capire come si costruisce un mondo?

Su Dune  il fattore dominante è la mancanza d'acqua. L'umidità, non l'acqua, diviene argomento di costante preoccupazione. Le piante devono conservare l'umidità intensificando i sistemi con cui la conservano nei deserti della Terra. E gli uomini devono fare altrettanto.

Quando si giunge agli uomini, uno scrittore ha due possibilità. Può introdursi nella narrazione e spiegare esattamente al lettore questi sistemi per sopravvivere. In alcuni casi l'ho fatto anch'io: ho fornito dettagli sulle tutte distillanti e sugli altri abiti per il deserto, e ho sottolineato l'importanza di recuperare l'acqua eliminata dal corpo.

Però esiste una seconda tecnica narrativa, molto più efficace: quella di mostrare indirettamente questi fatti, inserendoli nel ritratto generale della cultura.

E per inserirli occorre rivolgersi al linguaggio, perché il linguaggio è la carta geografica della cultura. Il linguaggio di Dune è pieno di indizi sul rigore del pianeta, alcuni inventati per l'occasione, altri presi a prestito dalle culture primitive dei deserti terrestri. "La fretta è uno strumento di Satana" (Arabo). "Il sole è il tuo nemico, la luna la tua amica" (Frank Herbert).


E osservate i diversi modi per chiamare il coltello su Dune  le numerose parole che si riferiscono ai vari modi di uccidere con il veleno, gli usi raffinati dell'assassinio. Senza che ci sia bisogno di dirlo chiaramente, vi accorgerete che sono elementi molto importanti nella cultura di Dune e dell'Impero.

Notate la generale austerità della vita dei nomadi durante le migrazioni, in contrasto con la ricchezza degli arredi nei campi semi-permanenti, la decorazione artistica degli utensili di uso quotidiano. Sono le manifestazioni superficiali di una data forma di civiltà. il retroscena culturale si manifesta negli utensili di uso comune.

Notate quante volte, su Dune  la parola "acqua" è unita ad altre parole che indicano uso o funzione. Il linguaggio è la carta geografica della cultura. L'arabo, ad esempio, ha una sessantina di parole che riguardano i cammelli. Basta questa constatazione per capire che importanza rivesta il cammello per la sopravvivenza di un arabo.

E non c'è dubbio che un arabo rimarrà altrettanto impressionato dallo spropositato numero di parole che noi usiamo per vari tipi di trasporto senza cammelli: autocarro, cingolato, carro armato, automobile da corsa e chi più ne ha più ne metta.

Queste indicazioni che ci sono fornite dal linguaggio non sono affatto superficiali. Noi conosciamo le parole mediante le reazioni umane che ci comunicano, registriamo nelle nostre lingue queste reazioni, e a volte seppelliamo le reazioni - i giudizi - nelle definizioni.

Poi la lingua procede, e i giudizi originari vengono dimenticati. Ma non per questo muoiono: continuano a esistere in profondità, e, come in una carta geografica, indicano i punti in cui il nostro mondo si è imposto su di noi.

Questi sottintesi, presenti nelle nostre parole di uso comune, ci permettono di ricostruire la storia culturale della nostra narrazione. Ecco alcuni esempi:

Delizia: Etimologicamente significa "Piacevole alla lingua".
Precario: dal latino, "Pieno di preghiere".
Martirio: dalla parola greca che significa testimonianza. Il martirio nasconde nella sua definizione un uso antico: quello del processo mediante ordalia. Se morivate, eravate innocente: "una testimonianza degli dèi"; ma se invece superavate l'ordalia, allora chiaramente doveva avervi aiutato il diavolo, e perciò venivate ucciso subito.
Autentico: dal greco, "Una persona che agisce per sé stessa" e che quindi compie il lavoro bene. "Se vuoi che un lavoro sia fatto bene, fallo da te".

La lettura del dizionario è affascina te, non vi pare?
Questi sono alcuni dei luoghi che vi possono insegnare come costruire un mondo. Ma ce ne sono altri. Per prima cosa, ci sono le esperienze della vostra vita. Vi ho parlato di Florence e dell'articolo che mi consentiva di mettere insieme pane e companatico. inoltre, tenete presente che ho abitato per vario tempo nel deserto di Sonora, in Messico... potrei parlarne per ore.

A questo si aggiunga il fatto che ho letto più di 200 libri, articoli, rapporti e saggi scientifici, sull'ecologia delle regioni aride, sulle comunità del deserto, sugli adattamenti degli animali e degli uomini a deserti di ogni tipo, dal Gobi, al Sonora, al Sahara e al Kalahari.

Vi meravigliereste, sapendo quanto materiale potete trovare su argomenti come questo, in qualsiasi biblioteca. Materiale che va da quanti chilometri può percorrere un soldato nel deserto, e con che provvista d'acqua, al modo di tenere lontano i rettili velenosi.

Inoltre, potete anche trovarvi centinaia di piccole informazioni interessanti, come ad esempio questa: quando la sopravvivenza è in pericolo, la vitalità dei semi di pino aumenta. Normalmente, i pini danno semi vitali soltanto un anno ogni nove, ma, quando sono minacciati dalle dune, danno semi vitali tutti gli anni. Questa caratteristica si può riscontrare anche tra gli uomini. L'istinto sessuale aumenta sotto la pressione del pericolo, anche se il pericolo è quello della fame: un fatto, questo, che nasconde implicazioni terribili, se pensate a come sono già sfruttate le risorse alimentari.

Vi avevo avvertito: non sarebbe stato un discorso lineare. Ha divagato qui e là, come hanno divagato le mie ricerche per la preparazione di Dune  Ma ho preferito dargli questa forma, sperando di potervi mostrare come si passi lentamente da una idea a una storia completa, pronta a spiccare il volo.

E' come le incrostazioni dei conchiferi sotto le navi: la raccolta di migliaia di piccolissimi particolari. Molti di questi particolari portano un contributo alla narrazione senza apparirvi direttamente. Sono come le tracce culturali che incontriamo nelle parole della nostra lingua.

Ma questi particolari ci sono: se non nelle foglie, nelle radici. Il loro contributo si manifesta nelle reazioni dei personaggi. In un certo senso, la loro funzione è identica a quella dei geni e dei cromosomi: contribuire dall'interno a dare forma al prodotto compiuto. E il prodotto compiuto, naturalmente, sono una narrazione e un mondo.




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