venerdì 30 settembre 2011

Nuove foto per The Avengers

Entertainment Weekly ha pubblicato nuove foto dal set del film The Avengers - sia sul sito che sull'omonimo settimanale cartaceo -  dedicando un numero ad anticipazioni riguardo la caratterizzazione dei personaggi.

Altre nuove foto dal film, di qualità decisamente inferiore ma forse più interessanti, le ho rintracciate su SuperHeroHype (dovrebbe trattarsi di scansioni dalla rivista).

Ecco anzitutto cosa hanno dichiarato di recente gli attori Chris Evans, Mark Ruffalo e Chris Hemsworth a proposito di come saranno raffigurati i rispettivi personaggi (Captain America, Hulk, Thor) nel film.

Chris Evans su Captain America: “E' un soldato ovviamente, e tutti quelli con cui ha combattuto , tutti i suoi compagni d'armi, sono morti. Ed è così solo. Penso che all'inizio sia come un pesce fuor d'acqua, e per lui è dura. E' una pillola amara da mandar giù. Poi prova a trovare un suo equilibrio nel mondo moderno.

Mark Ruffalo su Hulk: “E' l'uomo più mite possibile, ma è totamente represso. Nessuno vuole avere a che fare con lui, eccetto Iron Man. C'è una dinamica molto interessante fra Tony Stark e Bruce Banner. Si piacciono in una strana maniera. Sono entrambi uomini di scienza e una sorta di rinnegati

Chris Hemsworth su Thor: “Penso che la motivazione di Thor sia di tipo molto personale, nel senso che è suo fratello quello che sta creando scompiglio, mentre per tutti gli altri Loki è solo un tizio cattivo da abbattere. Deve costantemente lottare dentro di sé per scegliere il bene superiore, perché è suo fratello minore quello lì.

 Il film è scritto e diretto da Joss Whedon e sarà nei cinema il 4 maggio 2012. Vi lascio alla visione delle foto (click per ingrandirle).

Poster

Copertina di "Entertainment Weekly"

Thor

Black Widow e Hawkeye

Captain America e Tony Stark

Black Widow

Loki

Captain America

Nick Fury

[Vedi qui altre foto, meno recenti, dal set]


Recensione: OMAC #1 (The New 52)

O.M.A.C. è una creazione anni '70 di Jack Kirby, personaggio riproposto oggi fra i titoli DC Comics nell'ambito del rilancio editoriale The New 52.  Ai testi di OMAC #1 c'è Dan DiDio, uno dei due direttori editoriali della DC Comics, coaduivato alle matite da Keith Giffen.

Il fumetto originale di Jack Kirby si concentrava (nell'intenzione originaria del suo autore) su una sorta di versione futuristica di Capitan America, un uomo che possiede una potenza di attacco pari a quella di un battaglione e che difende pace e libertà agli ordini di una Agenzia per la Pace Globale.

Si tratta di una delle creazioni minori di Kirby, che non ebbe fortuna e la cui serie del 1974 fu cancellata dopo soli 8 numeri, lasciando per altro incompleta la narrazione.

O.M.A.C. ha avuto altre apparizioni successive, il cui valore è più di revival nostalgico verso l'opera complessiva di Kirby che di appetibilità commerciale del prodotto.

Il vecchio OMAC
In un recente restyling, i poteri del personaggio sono stati attribuiti a esperimenti di nanotecnologia piuttosto che a trasformazioni computer-ormonali (indotte a comando dal segnale proveniente da un satellite in orbita). Il che è sostanzialmente la stessa cosa, a ben guardare, ma anche le parole possono fare la differenza fra un concetto che viene avvertito come moderno e uno che non comunica questa sensazione.

Però non è quest'ultima la versione di Omac che viene ora recuperata, preferendo tornare (ma non del tutto) alle origini. Per OMAC #1 si è scelto di emulare (omaggiare?) pari-pari il tratto di Kirby. L'idea in sé di questo approccio grafico mi lascia perplesso per tanti motivi, e a dirla tutta mi lascia perplesso anche il risultato. 

Il nuovo OMAC
Keith Giffen è un geniaccio con un talento certamente inventivo e versatile, lo ha dimostrato più volte. Ma è abbastanza lontano dallo stile di Kirby e difficilmente - lui come chiunque altro - può evocare nelle vignette la stessa possenza grafica del re dei comics.

Ogni operazione nostalgico-Kirbyana finisce per tradursi in un vuoto esercizio di stile che da Kirby trae solo una vaga somiglianza esteriore. Ne è un esempio Godland della Image Comics (qui le cover di questa serie), titolo interessante nelle premesse e discreto nei testi, ma pedante nella emulazione del tratto di Jack Kirby fino a produrre risultati (in my humble opinion) a dir poco terribili.

E c'è da aggiungere che per quanto vigoroso, immaginativo e immediatamente comunicativo, Kirby non faceva più breccia fra le generazioni più giovani già durante l'ultima parte della sua carriera. A che scopo inserire una proposta come OMAC in quella che dovrebbe essere una operazione di rilancio editoriale mirata proprio a imbarcare lettori che ai fumetti non si sono mai avvicinati prima?

Lord Mokkari
Ci ho pensato un po' e l'unica risposta che mi sono saputo dare è che, in caso di successo, DC Comics avrebbe l'occasione per riproporre a un pubblico nuovo l'ennesima ristampa della vasta produzione Kirbiana anni '70. Il che non fa mai male, per carità, ma la racconta lunga sulla profondità di analisi con cui il rilancio DC Comics è stato pensato (una roba del tipo se la DeLorean passa sotto il cavo elettrico proprio a 88 miglia orarie e proprio mentre il fulmine si abbatte sull'orologio di Hill Valley).

L'emulazione Kirbiana in OMAC #1 si spinge ben oltre che la semplice imitazione delle anatomie, delle pose corporali o del tratteggio. Anche la costruzione della tavola è molto Kirbyana (tavole da quattro vignette uguali disposte su due righe e due colonne) così come le inquadrature o l'uso ridondante di didascalie che descrivono l'azione già mostrata dal disegno, per rafforzarne pomposamente l'epica.

Dubbilex e i soldati senza volto
Fin qui sono stato abbastanza severo. L'albo è leggibile, ben disegnato, sceneggiato con ritmo discreto e, a suo modo, godibile, ma davvero non mi spiego come il pubblico odierno possa avvertire questa proposta come qualcosa di diverso da un semplice esperimento dal sapore di muffa, per altro basato su una creazione di Kirby che non ebbe il tempo di svilupparsi adeguatamente.

Veniamo allora alle (poche) differenze con la versione di Kirby: quando Buddy Blank si trasforma in Omac assume un aspetto mostruoso e iroso, invece che mantenerne uno umano. Quindi invece che un emulo futuristico di Capitan America abbiamo più qualcosa che ricalca lo stesso problematico dualismo di Hulk/Bruce Banner.

Un'altra differenza con la versione di Jack Kirby è l'inclusione di altri personaggi e ambienti creati sempre da Kirby, ma che originariamente nulla avevano a che fare con Omac: Lord Mokkari, Dubbilex, il progetto Cadmus. Per mettere al centro della scena queste figure certamente più suggestive di quanto non fosse l'Agenzia per la Pace Globale, Dan DiDio sceglie di relegare sullo sfondo i soldati senza volto dell'Agenzia, di fatto riducendoli al ruolo di semplici sgherri-macchietta e distruggendo la concezione originaria di Omac.

Azione Kirbyana
Non riesco sinceramente a capire questa ambiguità fra un recupero di Kirby che in alcuni aspetti è minuzioso e pedante fino a mettere a rischio l'appetibilità a lungo termine del titolo, e in altri si lancia liberamente in reinterpretazioni libere e distruttive dell'immaginario originale senza rimpiazzarlo con qualcosa di realmente interessante.

Conclusione? Albo divertente nel suo omaggio al Re, e anche piacevole nei disegni, ma è improbabile che riesca a agganciare a lungo molti lettori (vecchi o nuovi che siano). Forse inserirlo nell'operazione The New 52 non è stata l'idea più geniale del mondo.

Quando chiudi un albo e, chiedendoti se ti sia piaciuto, ti verrebbe da rispondere che la colorazione era davvero brillante, forse è perché proprio non sei riuscito a comprendere dove si volesse andare a parare. 

Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa!


DC Comics Reboot: The New 52 - tutte le recensioni

Hollywood Stars (arte di Michele Petrelli)

Girovagando in rete sono capitato sul sito di un artista italiano, Michele Petrelli, i cui dipinti mi hanno colpito per la molteplicità delle tecniche utilizzate e alcune influenze fumettistiche. Sopratutto mi sono piaciuti alcuni suoi dipinti più dark, che ha me hanno ricordato vagamente H. R. Giger o Dave McKean, anche se lo stile di Petrelli è ovviamente diverso e personalissimo.

Dato che mi stuzzicava l'idea di mettere qualche suo dipinto qui, l'ho contattato per chiedergli se la cosa gli faceva piacere. Per dare unità al post vi propongo solo le sue reinterpretazioni di stars di Hollywood, ma vi consiglio però di fare una visita al suo sito (che trovate qui) nel quale è possibile visionare molti altri suoi lavori.


Al Pacino
Robert De Niro
Samuel L. Jackson
Johnny Deep
Russell Crowe
Morgan Freeman

Mel Gibson

Heath Ledger




giovedì 29 settembre 2011

Recensione: Batman #1 (The New 52)

Circa un anno fa venne dato l'annuncio che il disegnatore Greg Capullo sarebbe passato a DC Comics per lavorare su qualche imprecisata testata di Batman.

Alcuni fans, avvezzi a discutere del sesso degli angeli, hanno preso la notizia con una certa agitazione perché - a loro dire - lo stile grafico per il quale Capullo è più noto, quello cartonistico e gommoso che ha adottato nelle testate di Spawn, sembrava inadatto alla atmosfere dark di un mostro sacro intoccabile come Batman.

Adoro Greg Capullo fin dai tempi in cui disegnava lo splendido Quasar in Marvel Comics. Lo reputo uno dei disegnatori più sottostimati del fumetto Usa. La gommosità delle figure che Capullo ha spesso esibito in Spawn, per altro efficacissima, è in realtà solo un tentativo di conformarsi alla grafica del creatore di Spawn, Todd McFarlane, e non necessariamente l'unico stile di cui è capace.

Se proprio ci si deve lanciare in una operazione sterile come quella di incasellare staticamente Capullo in uno stile, non si può non notare che nelle sue figure umane, costruite sulla base di grandi blocchi geometrici assemblati in modo armonioso e rotondeggiante, c'è molta somiglianza con John Romita Jr.

Questo vuoto paragone giusto per dire come avevo già trovato sciocca a priopri l'idea che il tratto di Capullo non fosse adatto a Batman #1. E adesso il lavoro su Batman prende il via e Greg Capullo dimostra di sapere usare sul personaggio un tratto cartonistico e, assieme, cazzuto (non mi viene un termine migliore) di altissimo livello.

Nella narrazione di questo Batman#1 entrerete in un attimo, e non ne uscirete fin quando non sarete arrivati all'ultima pagina. Merito anche dello sceneggiatore Scott Snyder che riesce a condensare fittamente in 24 pagine una miriade di avvvenimenti, dialoghi e situazioni che - al confronto - molti albi di esordio dell'operazione The New 52 sembrano solo delle pigre anteprime delle trame a venire (o delle prese di fondelli verso i lettori).

Dick Grayson, Bruce Wayne, Damian Wayne e Tim Drake:
Batman e tutti i suoi Robin (eccetto il defunto Jason Todd)
In apertura d'albo, per esempio, Snyder si inventa una trovata narrativa geniale che viene utilizzata nelle didascalie delle prime sette pagine, mentre le vignette mostrano tanta azione, presentano l'ambientazione immersa in Gotham City, presentano il pipistrello e tutti i suoi nemici (Joker compreso) e introducono un piccolo elemento di sorpresa nell'interazione fra Batman e Joker. Elemento a prima vista sconcertante ma che viene spiegato nelle pagine successive.

E così via nel seguito, nel quale con altre scene studiate ad hoc e caratterizzate dalla piena e perfetta integrazione fra testo e immagini (Capullo non è solo un ottimo disegnatore, ma uno storyteller nato) vengono presentati il Bat-Universo, la Bat-Caverna, la Bat-Famiglia (Dick Grayson, Tim Drake, Damian Wayne, Alfred Pennyworth), il rapporto fra Batman e James Gordon, la dicotomia Batman/Wayne, il ruolo che Batman ha nella sua città e quello che ha invece Bruce Wayne... eccetera, eccetera.

Manca una trama criminale? Macché, viene impostata pure quella. Manca la presentazione di comprimari minori? Neanche: Vicki Vale e Harvey Bullock fanno le loro apparizioni nell'albo. Manca un cliffhang finale? Scordatevelo: non ci facciamo mancare nulla e c'è anche quello, e si tratta di un cliffhang veramente potente.

Sono restato sul vago perché non vi voglio rovinare nulla. Batman#1 è un albo d'esordio dalla parte grafica cool, dal ritmo quasi perfetto e dalla struttura narrativa più che ideale per imbarcare sia nuovi che vecchi lettori.

Leggete quest'albo e vi dimenticherete in un attimo del pur ottimo Detective Comics #1 (che ho recensito qui) o del discreto Batman and Robin #1 (recensito qui).

Excelsior!
Ah, no scusate. Questo lo diceva quell'altro tipo, di là.

DC Comics Reboot: The New 52 - tutte le recensioni

The Cat Came Back - Cordell Barker - 1988

Lo sa chiunque abbia un gatto in casa: non siete voi il suo padrone ma è lui che è il padrone vostro. E non siete voi a scegliere un gatto, ma è lui a scegliere voi.

Queste cose sembra saperle benissimo anche Cordell Barker, autore dello spassoso The Cat Came Back, cortometraggio in animazione tradizionale del 1988.

La colonna sonora è basata sull'omonima canzone folk d'annata. Il cortometraggio fu nominato al premio Oscar nel 1989, premio che non riuscì però a intascare, mentre nello stesso anno ha vinto un Genie Award come migliore cortometraggio di animazione.



In caso di problemi nella riproduzione del video, visualizzarlo qui





mercoledì 28 settembre 2011

Reality Cartoons (Worth 1000 contests)

Uncle Scrooge, ossia...?
Worth1000.com è un sito molto particolare che ogni giorno propone nuove sfide ai propri utenti, invitandoli a creare - con photoshop o altri programmi di effettistica fotografica - immagini in tema con la traccia proposta. Per ogni sfida (contest) viene nominato un vincitore fra tutti quelli che hanno partecipato.

Le sfide possono essere proposte anche dagli stessi utenti del sito, non solo dagli amministratori, sicché esistono anche aziende che usano Worth1000.com per mettere al lavoro creativi amatoriali e valutare se spunta fuori qualche idea interessante per i propri loghi commerciali.

Molte delle sfide aperte dal sito riguardano la realizzazione di Reality Cartoons, immagini realistiche (fotoritoccate) che reinterpretano personaggi dei cartoni animati o dei fumetti.

A questo proposito, vi propongo una selezione di lavori tratti dal sito (clic sulle immagini per ingrandirle)


La Linea, di Osvaldo Cavandoli

Wile E. Coyote & Road Runner

Il Coyote ci prova anche così

Era una notte buia e tempestosa...

Tartaruga Ninja si prepara per una gara di cosplay

Due diverse reinterpretazioni di Bart Simpson

Perry, alias l'Agente P., alias l'ornitorinco della serie Phineas & Ferb

Esperimento 626, al secolo: Stitch

Calvin & Hobbes

Grande Pufffo

Pikachu

Johnny Bravo

Pink Panther





martedì 27 settembre 2011

Recensione: Batman and Robin #1 (The New 52)

Nel 1988 i fans di Batman si indignarono non poco per l'uscita della graphic novel Il Figlio del Demone, nella quale Bruce Wayne ebbe una relazione amorosa con Talia al Ghul (detta anche Talia Head).

Con la conseguenza che - Bruce, dovevi stare più attento - dall'unione nacque Damian Wayne.

Disturbare il guardiano di Gotham tutto casa e lavoro con questo genere di impicci sembrò inopportuno ai lettori, che infatti protestarono vivamente. DC Comics ripiegò classificando Il Figlio del Demone come Elseworlds (storia alternativa non inserita nella cronologia ufficiale) e Batman potè tornare alle sue normali attività di repressione del crimine.

Cinque anni fa però lo sceneggiatore Grant Morrison recuperò Damian riportandolo nella cronologia ufficiale, nonché insediandolo con pieno titolo filiale nella casa di papà Wayne. Tralasciando di raccontare altri eventi successivi, prima del reboot DC Comics si era giunti al punto che questo Damian Wayne aveva assunto ufficialmente il ruolo di Robin.

Capolavoro di caratterizzazione : Bruce spiega a Damian
che per onorare il ricordo in vita dei genitori, non
commemorerà più la data del loro assassinio, ma delle loro nozze
Quindi in Batman and Robin #1 i protagonisti sono molto di più che semplicemente Batman e la sua fedele spalla, perché la relazione padre/figlio consente interazioni del tutto inedite fra i componenti del dinamico duo. La domanda più interessante, a cui si cerca istintivamente risposta appena si comincia a leggere l'albo, è quindi: di quali interazioni si tratta?

A differenza degli altri Robin, Damian Wayne non è esattamente quello che si potrebbe definire un simpaticone. E' sprezzante, acido e cinico. Nella sua (molto) giovanile arroganza può essere persino pericoloso per sé e per gli altri. Il contrasto Batman/Robin perciò non è più impostato attorno a differenze caratteriali (Batman tenebroso, Robin scanzonato e solare) ma più sulla differenza anagrafica.

Non c'è propriamente un conflitto aperto fra i due, ma la competizione generazionale viene portata all'estremo. Scelta adattissima a non sciupare l'enorme potenziale narrativo implicito nella situazione padre/figlio e quindi onore e merito allo sceneggiatore Peter J. Tomasi per la sua opera di caratterizzazione. E' bello vedere Batman nel ruolo inedito di padre responsabile e paziente, pur se fermo nell'inculcare nel figlio alcuni principi irrinunciabili.

L'unico appunto da fare - ma non è colpa di Tomasi - è che a conti fatti la consanguineità fra i due toglie forza a entrambi i personaggi. Batman e Robin ne vengono fuori come figure più tridimensionali del solito (e questo è bene) ma anche meno archetipali. E questo è male!

Perché un supereroe è un archetipo e non bisognerebbe mai dimenticarsene se si vuole che la storia funzioni appieno, persino nelle sceneggiature che giocano a distruggere il mito. A queste novità faremo l'abitudine più avanti, forse... per ora sembra tutto così strano.

La storia in Batman and Robin #1 dà per assodato l'esistenza dello scenario di base introdotto da Batman Inc. (ne ho parlato en passant qui) per cui nel resto del mondo esistono altri Batman nazionali. Ed ecco che qualcuno ha deciso di far fuori quello di Mosca, nonché di rubare combustibile radioattivo dall'impianto nucleare di Gotham. Occasione che dà al dinamico duo la scusa per entrare in azione.

La sicurezza della città viene ripristinata senza perdere troppo tempo per dare all'albo un minimo di conclusione, dato che la trama apparentemente più intrigante - quella del killer di Mosca - verrà continuata nel numero successivo.

Personalmente non apprezzo molto lo stile di disegno di Patrick Gleason ma devo obiettivamente riconoscere che fa un lavoro ottimo. In più di qualche pagina, specie quelle iniziali, il suo tratto viene però letteralmente distrutto dalle chine legnose di Mike Gray e l'efficacia dell'albo ne esce abbastanza mortificata.

In conclusione direi che la serie Batman and Robin, impostata così, potrà risultare tutt'altro che priva di interesse anche per le generazioni più adulte, quelle che seguono assiduamente le testate dedicate al Batman solitario, e non è improbabile che riuscirà anche a imporre non pochi spunti ufficiali alla futura caratterizzazione del Bat-Universo.

DC Comics Reboot: The New 52 - tutte le recensioni

Recensione: Men of War #1 (The New 52)

Per tutti gli anni '50, '60 e primissimi anni '70, le storie ambientate durante la seconda guerra mondiale sono state oggetto di una produzione fumettistica piuttosto prolifica sia in DC Comics che in Marvel Comics.

Questo genere narrativo faceva mercato a sé ed era del tutto slegato dal genere supereroistico che andava per la maggiore. Alcune di queste storie sono apparse anche in Italia all'epoca dell'Editoriale Corno, nella testata di breve durata Il Soldato Fantasma.

In Usa, invece, uno dei personaggi più famosi di questo tipo di storie fu il Sergente Rock (Sgt Rock) che con la testata a lui dedicata riuscì a tirare avanti fino al 1988, anno in cui ormai il resto dei titoli di guerra era più o meno morto di inedia.  

Sgt Rock è riapparso in seguito in sporadici albi speciali e miniserie, ma ora DC Comics prova a dargli nuovamente una testata regolare.

Ci sono però tre novità rispetto al passato: la prima è che l'ambientazione non è più quella della seconda guerra mondiale ma quella del conflitto in Afghanistan; la seconda novità è un ovvia conseguenza della prima, ossia che il protagonista non è più Frank Rock ma un suo giovane discendente; la terza novità è che il realismo delle storie viene in parte abbandonato in favore di qualche contaminazione supereroistica.

L'inclusione di questa proposta editoriale nell'ambito dell'operazione The New 52 rientra probabilmente solo in un'ottica di tentativo di diversificare l'offerta di titoli. Il risultato non è sgradevole, ma non fa neanche gridare al miracolo.

Una ovvia preoccupazione per questo tipo di testata è che si scada nel semplice spirito patriottico, autocelebrativo, un tantino guerrafondaio e - in sostanza - narrativamente vuoto. Non che questo sia un male se può portare a vendere albi o a conquistare nuove tipologie di lettori, ma è tutto da vedere se un approccio del genere raccoglierebbe oggi un numero significativo di fans. Leggendo l'albo direi che il rischio di cadere nel fine a sé stesso è stato solo parzialmente scongiurato.

Quello non è un uomo. Un uomo è quel
che noi siamo. Quello è un incidente di Natura.
Fa più danno in cinque minuti di quanto ne
potrebbero fare uomini armati in un anno.
Men of War #1 contiene due storie, la seconda delle quali è solo una storiellina di appendice suddivisa in puntate che dovranno apparire anche nei prossimi numeri. E questa seconda proposta è senza ombra di dubbio del tutto inutile: pessimamente disegnata, verbosa e sciatta nella sceneggiatura e insopportabilmente guerrafondaia nello spirito.

La storia principale è indubbiamente migliore. I disegni di Tom Derenick sono un po' incerti ma non disprezzabili e non privi di un loro fascino. In particolare il suo tratteggio sporco e nervoso rende bene le atmosfere dure di uno scenario di guerra. E anche la colorazione dai toni prevalentemente grigi fa la sua parte nel suggerire l'idea di un Afghanistan sabbioso.

Brillanti e energici i dialoghi - cazzuti quanto ci si aspetterebbe da una storia militare - ma putroppo prendono la mano allo sceneggiatore Ivan Brandon col risultato che varie pagine scorrono senza mostrarci altro che "teste parlanti". Il che diventa anche abbastanza fastidioso considerando che i disegni non aiutano molto a identificare immediatamente a quale personaggio appartengano i visi mostrati nelle vignette.

Il "Sgt Rock" originale
Quando si passa all'azione le cose si fanno leggermente più interessanti, ma non saprei giudicare quanto. Non riesco a mettermi nella testa di chi potrebbe trovare estremamente coinvolgente quest'albo sol perché le raffigurazioni delle armi sono dettagliate, precise e realistiche.

Il momento più suggestivo della lettura per me è stato quando viene mostrato da lontano l'intervento di un superumano. Suggestivo proprio perché mostrato da lontano. Il contrasto magico fra realismo e irrealismo è sempre un meccanismo narrativo di indubbia efficacia.

In conclusione, si tratta di un albo non disprezzabile (ma neanche imperdibile) e non privo di suggestioni o di ritmo. Complessivamente però sembra più un tentativo lanciato alla cieca, senza troppa convinzione neanche da parte di DC Comics.

Dovendo ambiziosamente provare a rivitalizzare un genere morto da tempo, forse valeva la pena profondere un po' di impegno tecnico in più. Per capire comunque se il tentativo ha funzionato, si tratta solo di aspettare la risposta del pubblico per i numeri a venire.



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