mercoledì 5 ottobre 2011

Recensione: Resurrection Man #1 (The New 52)

Nel rilancio DC Comics una delle idee chiave è diversificare le tipologie di proposta.

Non mancano perciò vari titoli dark come questo Resurrection Man, recupero di un personaggio creato da Dan Abnett che ha avuto una propria serie regolare per un paio d’anni (a partire dal 1997) e oggi viene nuovamente affidato allo stesso sceneggiatore.

Afferrare la portata dell’idea di base è questione di un attimo: Mitchell Mitch Shelley è un uomo dotato di superpoteri che gli derivano dal fatto di essere tornato dalla tomba. No, un momento… la cosa è un po’ più complessa di così. Ogni volta che Mitch ritorna dalla tomba si ritrova ad avere un superpotere diverso!

Resurrection Man consuma e cambia cicli di vita come noi consumiamo e cambiano paia di scarpe. (Chi ha letto il romanzo Riverworld di Philip José Farmer? Chi si ricorda dell’ espresso del suicidio utilizzato per viaggare lungo il fiume?).

A parte il fascino macabro dell’idea, un effetto collaterale di tutto ciò è che Mitch è immortale. Una cosa che ti cambia completamente la prospettiva di vita, ecco, diciamocelo!

Non so lei, signora, ma io sono distrutto!
La riproposta del personaggio in questo Resurrection Man #1 punta sostanzialmente su due approcci. Quello di non sfornare una serie di supereriosmo classico e quello di rispolverare le vecchie atmosfere narrative e grafiche della linea Vertigo.

All’inizio dell'albo Mitch si risveglia su un tavolo di obitorio e stavolta il suo potere è il controllo magnetico sui metalli. Lo vediamo subito darsi da fare per procurarsi vestiti e soldi, con una tranquillità che mostra come sia passato da questo ciclo di cose innumerevoli volte.

Giuro che non prenderò mai più questo volo in vita mia
Ma perché agisce? Per fare cosa? Ce lo spiega lui stesso nelle didascalie: ha una nuova cosa che deve fare. Una sensazione compulsiva, viscerale. Il lettore è portato a pensare che esista qualche potere superiore che lo controlla, ma è solo una supposizione e non vengono forniti molti indizi in proposito.

Quello che invece viene fatto chiaramente capire da Dan Abnett è che le trame della serie non saranno affatto banali o di portata limitata. Alla sorte di Mitch sembra interessarsi un sacco di gente, senza che per ora ci vengano svelate le motivazioni di questi individui.

Le Body Doubles
In volo in un aereo, Mitch si ritrova ad affrontare un demone che gli salva la vita facendolo ammazzare. Cioè, un attimo, volevo dire che il demone non voleva salvargli la vita, ma salvargli l’anima. C’è qualcuno che vuole l’anima di Mitch? Mistero!

Fatto sta che Mitch risorge e ancora una volta c'è qualcun altro che segue da lontano le sue mosse, e qualcun altro ancora che lo cerca nell'obitorio da cui è scomparso. E ancora, c'è pure qualcuno che sembra saperla lunga sullo scopo di Mitch, molto più di quanto non ne sappia lui stesso.

Tutte queste persone interessate alla sorte del protagonista rendono chiara l’idea che la narrazione di questa serie sarà qualcosa di complesso e articolato, forse anche fortementemente interlacciata con quella in altri titoli. Mistero e tensione ben costruite e di vasta portata.

Nuova vita,
nuovo potere
Nelle ultime pagine compaiono vecchie conoscenze di Mitch: le sensuali Body Doubles, coppia di letali killer che rispuntano fuori direttamente dalla vecchia serie di Resurrection Man (create in un momento nel quale nel mondo dei comics impazzava la moda delle bad girls) e Madame Xanadu che appare anche in altri dei cinquantadue numeri #1 (Justice League Dark, per esempio).

Il disegnatore Fernando Dagnino contribuisce molto a rendere le atmosfere simil-Vertigo, con un tratteggio nervoso e  sporco, quasi scarabocchiato. I suoi canoni estetici sono lontani da quelli più gettonati nel fumetto Usa, richiamandosi più alle fascinose scuole fumettistiche europeee o sudamericane. Un lavoro di pregio.

L'unico suo neo è che di tanto in tanto pecca un po’ nella capacità di rendere la prospettiva, spesso appiattita su due dimensioni e mezzo (come se stessimo guardando un bassorilievo) in un modo che non sembra totalmente frutto di una scelta stilistica.

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