martedì 25 ottobre 2011

Recensione: Red Hood and the Outlaws #1 (The New 52)

Per cominciare l'unica nota positiva dell'albo: Kenneth Rocafort ha un tratto brillante e una inventiva inesauribile nella costruzione, anzi nella decostruzione, delle tavole. Roba che sembra di vedere Whilce Portacio, Mark Silvestri e Rick Leonardi fusi in un unico disegnatore. Per un titolo tutta azione, versione moderna delle scorribande western, Rocafort è l'unica cosa che funziona.

Per Red Hood and the Outlaws #1 viene costruito un team con tre personaggi che più disomogenei di così non si può. Le logiche con cui sono stati scelti sfuggono alle possibilità di comprensione, per spostarsi nell'area delle cose che "voi umani non potreste mai immaginare".

Il titolare principale della serie (Red Hood) è quel Jason Todd che fu il secondo Robin, defunto molto tempo fa per mano del Joker ma poi riportato in vita (non del tutto sano di mente) grazie alla rigenerante Pozza di Lazzaro di Ra's al Ghul.

Red Hood e Arsenal
Poi abbiano Roy Harper alias Arsenal, ex pupillo di Green Arrrow e in sostanza sua versione alternativa meno rigorosamente rispettosa di un proprio codice morale interno. Harper è ancora abbastanza scanzonato ma leggermente meno enfant terrible che nel passato.

E infine Starfire, principessa aliena del pianeta Tamaran, che qui viene riportata - con qualche ammiccamento puerile - alla versione ingenua a oltranza degli anni '80. O almeno questo è quel che molto maldestramente si prova a fare.

Prima parte dell'albo: sparatoria contro non si sa bene chi e perché (Todd libera un Harper tenuto prigioniero da alcuni arabi).

Starfire
Seconda parte dell'albo: balbettii di varia natura scambiati fra i personaggi e la presa in carico di una nuova missione commissionata da una donna misteriosa di nome Essence.

Nessuna convincente caratterizzazione dei singoli membri del gruppo e nessuna spiegazione su quale sia la colla che tiene in piedi il gruppo stesso, a parte il fatto che Starfire si concede sessualmente a entrambi i suoi compagni (anche se si osa mostrarlo chiaramente solo in uno dei due casi). 

Quest'ultimo dettaglio ha sollevato fiumi di polemiche indignate fra i lettori e obbligato DC a formulare risposte ufficiali altrettanto vuote. Ma a fronte di così poca sostanza narrativa messa in piedi da Scott Lobdell, tutto in Red Hood and the Outlaws #1 (e non solo il capitolo Starfire) sembra essere parte di una provocazione cercata e voluta.

La speranza, forse, era quella di fomentare gossip attorno a un titolo che per ora non ha nulla da offrire e che sembra assemblato a casaccio come mero tentativo di mettere in piedi una pessima serie in stile Image Comics della prima ora.

Se questo era lo scopo, il titolo è perfettamente riuscito.

DC Comics Reboot: The New 52 - tutte le recensioni

1 commento:

Anonimo ha detto...

Adoro Lobdell dai tempi di Generation X, ma non avendo letto Red Hood and the Outlaws # 1 non posso difenderlo. Ho letto invece Superboy #4, e lì ho visto uno scrittore in salute. Forse é la serie di Red Hood che non gli si addice. In effetti, la DC ha avuto delle ottime idee per la New 52, ma non sta sfruttando i suoi grandi autori nel modo migliore: ad esempio, avere Milligan e dargli una serie satellite di Green Lantern é come avere Messi e farlo giocare in porta.

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