venerdì 2 settembre 2011

Woody Allen: Ciao Pussycat (1965)

Come dicevo qui (e quando dico una cosa è quella, almeno finché non comincio a dire il contrario) ho dato il via all'operazione Woody Allen, ossia la rassegna un post dopo l'altro di tutta la sua vasta filmografia in ordine cronologico. E questa è la prima puntata del folle progetto. Let's go!

Ciao Pussycat (What's New Pussycat? - 1965) visto oggi è un film a tratti insopportabile (personalmente sono riuscito a terminarlo solo spezzando la visione in quattro frammenti) eppure è stato il più grande successo comico di tutti i tempi, almeno fino all'anno della sua uscita.

E' il gusto che è cambiato drasticamente e questo film di artistico ha poco, anche se è di eccezionale fattura tecnica. E' solo un  prodotto, in linea con suoi tempi e non più con i nostri.

Allen in Ciao Pussycat è solo sceneggiatore e attore, ma qualcosa di quel che metterà nei film successivi c'è già. Tutto ancora troppo acerbo e pretestuoso, senza contare il pesante stravolgimento operato dalla produzione per ottenerne una pellicola completamente diversa.

A metà degli anni sessanta Allen è nel pieno di una fulminante carriera come scrittore di testi comici per la TV, scrittore di racconti brevi, autore teatrale e - spinto da Jack Rollins e Charles H. Joffe che saranno i produttori dei suoi futuri film - ha esordito anche come cabarettista in alcuni locali di New York. E' qui che Allen impara a sfruttare ogni sua debolezza personale per fare spettacolo, elaborando quelle tracce fintamente autobiografiche con cui infarcirà in seguito il suo cinema.

Nel frattempo l'attrice Shirley MacLaine è alla ricerca di un soggetto di sicuro successo per lanciare suo fratello, il belloccio Warren Beatty, nel mondo del cinema.   

MacLaine conosce già il talento di Woody Allen per averlo apprezzato durante una comune esperienza televisiva e convince il produttore Charles K. Feldman a ingaggiare Allen per scrivere la sceneggiatura di Ciao Pussycat.

Invece che da Warren Beatty il film finirà per essere interpretato dall'allora popolarissimo Peter O'Toole (sì, quello che ha copiato la sua faccia da quella di Alan Ford, avete presente?). Come interprete femminile c'è una radiosa Romy Schneider, Woody Allen e Peters Sellers in ruoli comici e alla regia Clive Donner.

Il tono è quello di una commediola leggera e scanzonata, che vorrebbe anche essere brillante ma a tratti è solo patetica, con cui si raccontano le gesta amorose di un donnaiolo perdigiorno nella Parigi di inizio secolo. Una non-trama che è solo un pretesto per riempire il film di tante gag, poche delle quali sembrano aver retto il cambio dei gusti col trascorrere del tempo.

Come attore Woody Allen sperimenta le sue prime performance cinematografiche di comicità slapstick, ispirate ai fratelli Marx o Buster Keaton.  Gag che saranno perfezionate in film futuri quali Il Dormiglione e Amore e Guerra, ma che qui già mostrano il loro potenziale.

Nello scrivere la sceneggiatura Allen si ispira a Helzapoppin' dei fratelli Marx e 8 1/2 di Fellini (altri due film privi di una vera trama, per ottime ragioni). Vorrebbe forse trarne un pastiche omaggioso, ma i produttori fiutano i primi segnali del fatto che la rivoluzione sessuale è alle porte, e manipolano il film di conseguenza.

La (non)storia e le (non)situazioni presentate diventano solo una ininterrotta sequenza di ammiccamenti erotico-piccanti. Il film sfonda al botteghino come l'equivalente di un cinepanettone odierno. Artisticamente, si può dire che invece di un (acerbo) pastiche ne sia venuto fuori piuttosto un pasticcio tremendo, con tratti di demenzialità veramente irritante.

Alcuni temi di Allen sopravvivono comunque nel film: l'interesse per la psicanalisi per esempio e il parallelismo metaforico cibo/sesso. E persino l'incapacità di provare piacere profondo nella vita, con un tentativo di suicidio-macchietta messo in atto da Peter Sellers. 

Allen riesce persino a infilare nel film una scena di metanarrazione cinematografica: un tipo di elemento che troveremo in molti film futuri, e che in alcuni - come La Rosa Purpurea del Cairo - saranno persino il perno attorno a cui ruota l'intera idea creativa.

Mentre il playboy Peter O' Toole recita un monologo con cui pare aver preso coscienza del suo approccio sbagliato verso l'idea di amore, in sovraimpressione passa il testo Messaggio dell'autore.

E' il primo dei tanti dissacranti sfottò alleniani verso l'illusione che il cinema possa proporsi come dispensatore di valori da trasmettere al pubblico, o che il pubblico debba indugiare nell'illusione di poter prendere il cinema come modello di vita.

NB: Qui la prima parte della monografia Woody Allen. Prossimo post su Allen dedicato a "Che Fai Rubi?" - (1966).





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